La leadership gentile, un modello per le aziende basato sulla relazione

Oltre a diffondere nuovi modelli di organizzazione – come lo smart working o il “lavoro ibrido” – l’esperienza della pandemia ha introdotto o rafforzato anche nuovi modelli di leadership, attribuendo maggior importanza a valori come fiducia, libertà, cura, benessere, e rimettendo al centro l’importanza delle cosiddette soft skills, cioè quelle abilità personali non basate sul curriculum di studi, ma piuttosto competenze trasversali, legate all’intelligenza e alla capacità di capire le situazioni e trovare soluzioni.

Rispetto a un passato anche recente, a molti oggi pare chiaro che senza coinvolgimento, entusiasmo, disponibilità a mettersi in gioco, senza un contributo di creatività e di passione, non si possono raggiungere risultati importanti. E che ciò non si può ottenere con il controllo, ma soltanto con la fiducia e la delega. 

È un’innovazione radicale, su cui secondo alcuni non si tornerà indietro. Ed è l’essenza di quella che viene chiamata leadership gentile, tema in Italia promosso in particolare da Guido Stratta, un esperto di risorse umane che ha lavorato per diverse aziende nazionali o internazionali, tra cui Enel – di cui oggi è direttore del settore People & Organisation – e che è anche coautore del libro “Ri-evoluzione. il potere della leadership gentile”.

Oggi, spiega Stratta, la gentilezza rappresenta la possibilità di creare uno “spazio relazionale di ascolto” tra le persone. I leader gentili sono quelli capaci di dare spazio alle persone, cambiando completamente il modo di lavorare per vivere meglio e raggiungere obiettivi sempre più importanti. Quindi, non è vero che “il capo ha sempre e comunque ragione e le sue idee sono le migliori”: invece, includere e ampliare i punti di vista è la strada giusta. 

“La leadership gentile sta diventando sempre più rilevante nella nuova era del lavoro ibrido, dove può essere il collante che motiva la squadra e garantisce i risultati – dice Stratta – Le persone devono sentire di poter portare le loro passioni e la loro storia nell’ambito lavorativo. Da manager dobbiamo esserne consapevoli, altrimenti le persone si sentiranno trattate come semplici numeri su un grafico. La gentilezza ci consente di recuperare questo senso di identità e aiuta le persone a fiorire nel nuovo mondo del lavoro”.

Nel corso degli anni, spiega ancora Stratta, le aziende, le organizzazioni, hanno puntato tutto sull’esecuzione, spesso hanno dimenticato quello che chiama “il sentire”. Invece ora si sta riscoprendo il Noi, l’integrazione e la pluralità: “La collaborazione della squadra aiuta tutti, compreso il capo, a migliorare, a crescere”. 

“Nel futuro ci sarà sempre bisogno di leader, capaci di finalizzare il progetto, di guidare la squadra nella giusta direzione. In questo contesto, i leader gentili danno libertà ai team che coordinano, aiutano la coesione del gruppo e intervengono per mantenere gli equilibri. Quando un team funziona, il ritmo della collaborazione è diffuso. E i leader, nel proprio ruolo, devono saper far emergere le potenzialità delle persone”.

Per fiorire, il talento deve trovare l’ambiente giusto. Le aziende hanno sempre visto il talento da un’unica direzione: performance, potenziale, capacità, cultura. Ma per essere considerato davvero, il talento ha bisogno dell’ascolto. Il ruolo del manager si trasforma dunque nel compito di accompagnare le persone nel percorso professionale che consente a ciascuno di mettere in campo le proprie passioni, aiutandole (e aiutando i team di lavoro) a trovare il contesto che consenta loro di far fiorire i propri talenti.