Quando la crescita produce squilibri

Una formazione all’entropia per diventare davvero sostenibili.

Quando parliamo di crescita, non parliamo esclusivamente di cifre, di Pil, ma anche di qualità della vita, che si esprime in diversi modi, dalla salute ai consumi culturali. L’organizzazione sociale sorta alla fine del Ventesimo secolo ha creato una prosperità e una potenza tecnica ed economica senza precedenti. La crescita però, comporta anche crisi, come abbiamo visto negli ultimi anni, tra gli attentati del 2001 e l’attuale guerra in Ucraina, passando per la crisi finanziaria iniziata nel 2008 e la pandemia, e ovviamente per il riscaldamento globale, che è un risultato diretto delle attività umane. È per questo che Mauro Magatti, professore di Sociologia all’Università Cattolica di Milano, e docente nel corso “Il ruolo della formazione nella sostenibilità“ (promosso da Innovazione e Apprendimento per la Qualificazione Fondimpresa 2023), parla di crescita entropica, che genera disordine.

Entropia è un termine preso in prestito dalla fisica. Lo usiamo come sinonimo di caos, di disordine. Durante la lezione è emerso come la crescita abbia prodotto anche effetti entropici non solo sull’ambiente (con la perdita di biodiversità, oltre che con la crisi climatica), ma anche a livello politico e sociale, con grandi squilibri, e perfino a livello psichico, con l’aumento del disagio delle persone, soprattutto dei giovani. Esiste una soglia oltre cui un sistema non è più in grado di adattarsi, cioè di ridurre l’entropia e mantenere il proprio equilibrio e la crescita. Di fronte a shock forti e prolungati, si apre una fase di grande instabilità.

Per contrastare questa tendenza e affrontare gli squilibri, occorre allora diventare sempre più sostenibili, fare un salto di complessità, puntando sull’intelligenza diffusa.

L’intelligenza diffusa è quella delle persone all’interno di gruppi, organizzazioni, spiega ancora Magatti, che ha dunque bisogno anche di collaborazione per dispiegarsi. Di qui la necessità strategica della formazione, per affrontare la transizione verso quella che si configura sempre più come una “super società”, il mondo attuale, con il suo intreccio tra tecnosfera e biosfera. Serve insomma una conoscenza più integrale, capace di tenere insieme teoria e sperimentazione, astratto e concreto, automatico e vivente. 

La conoscenza, nel senso inteso da Magatti, non è l’addestramento al sistema così com’è, per renderlo più efficiente: ha a che fare invece con lo sviluppo del pensiero, con la capacità di immaginare le cose diversamente, di mettere in discussione, di porre domande, di immaginare soluzioni nuove, di trovare connessioni inedite, di curare l’ambiente, la società, noi stessi.