La Logistica di domani: innovazione, formazione e sostenibilità
La trasformazione della logistica post-pandemica
L’istantanea di un fattorino o di un postino che recapita un pacco è diventata una delle istantanee dei tempi bui della pandemia: in un momento in cui le strade erano vuote, camion e furgoni correvano. Forse in quel momento, più che in altri, ci si è chiesti: come arrivano cibo, libri, utensili, merci di ogni tipo in una casa?
Tra trasporto e magazzinaggio, il settore della logistica conta circa 1 milione e 400mila lavoratori occupati, secondo i dati di Confindustria. E sono pochi, considerando che da solo il settore vale 8,2% punti percentuali di prodotto interno lordo, pari a circa 135,4 miliardi di euro. Sono pochi anche perché è un settore che ha bisogno di nuove competenze: è necessario che chi lavora sul campo possa essere aiutato nel suo lavoro anche da una serie di altri esperti. Un settore-mondo che ha necessità di un contesto che rimuova ostacoli, anziché crearli. E quindi la sfida non è portare merci da un punto A al punto B o C, ma fare in modo che questo avvenga nel modo più efficiente possibile.
Un settore che cresce e cambia
In altre parole: sì, la logistica è un settore fatto di autisti, magazzinieri, manager di filiera, ingegneri logistici ed esperti di sicurezza (anche informatica). Ma è anche un microcosmo del lavoro in espansione. Si creano nuove possibilità, ma anche e soprattutto nuovi ruoli da ricoprire: ingegneri che contribuiscano a convertire il sistema autostradale in un sistema intelligente, designer di imballaggi circolari e sostenibili, fleet manager (esperti di organizzazione), dronisti per le consegne da remoto. E poi progettisti: di treni a idrogeno o di shuttle robotici che contribuiscano ai trasporti.
La logistica navale: un’opportunità strategica
E poi c’è il settore della logistica navale, che le aziende italiane non possono ignorare. Se non altro per un fatto di conformazione, di fronte a porti di rilievo come Genova, Trieste e Gioia Tauro che fungono da hub per il traffico di merci dall’Europa e dall’Asia. Senza contare poi che si tratta di un settore, secondo Confindustria, che porta spesso (anzi, in più del 60% dei casi) merci dall’Italia verso l’estero.
Il valore dell’outsourcing
Tutto questo rappresenta un’opportunità ma anche una sfida non da poco. Si parte comunque da una buona base, da un aspetto molto positivo: per le aziende non è mai stato così facile trovare lavoratori ed esperti che forniscono le loro competenze senza essere dipendenti delle aziende. Nel settore l’outsourcing (o meglio, la terziarizzazione ed esternalizzazione) vale infatti quasi la metà dell’intero settore: 45,3%, pari a 61,3 miliardi di euro, una cifra mostruosa e calcolata al netto degli scambi interni alla filiera. Ma c’è anche una sfida non da poco ed è quella della formazione.
La sfida della formazione continua
La formazione continua dei lavoratori sta diventando un punto cruciale, soprattutto di fronte a una crisi demografica conclamata e quindi alla difficoltà di trovare profili professionali aggiornati. Corsi di aggiornamento professionale, master in logistica e supply chain, nonché percorsi tecnici specifici per l’automazione e la sostenibilità sono ormai stabilmente richieste del mercato. I programmi formativi offerti da università, scuole tecniche ed enti di formazione privata sono esempi positivi ma spesso insufficienti, in Italia come in Europa: è raro vedere un impegno congiunto da parte del settore pubblico e di quello privato, volto a incentivare maggiormente la formazione, anche tramite finanziamenti e incentivi.
Il futuro della logistica
L’Italia, tra l’altro, è un caso di studio particolare. La spina dorsale dell’economia sono ancora oggi, nonostante tutte le continue crisi affrontate negli ultimi anni, le aziende piccole o medie: sono più del 99% delle aziende, occupano circa l’81% dei lavoratori e hanno un valore aggiunto pari al 72,4% del totale. Ma questo spesso non consente grandi investimenti in formazione. Come già detto: tra evoluzioni della filiera e logistica 4.0, passando per l’e-commerce e la sfida della sostenibilità servono sempre figure nuove. Molto spesso i percorsi formativi non sono sufficientemente allineati con le esigenze concrete delle imprese, creando un gap tra le competenze acquisite dai giovani e quelle richieste dal mercato. Come se non bastasse, non è stato ancora affrontato a dovere il digital divide: non tutte le regioni italiane dispongono di infrastrutture e risorse sufficienti per garantire una formazione di qualità in ambito digitale.
Sono criticità che avrebbero bisogno di interventi ampi, ma il pallino è anche in mano alle imprese. A loro sta la possibilità di trovare accordi tra più aziende, di fronte a cui sfide come quella della formazione potrebbero sembrare meno enormi. Esperienze come il Bando Logistica, indetto dal Fondo For.Te e aggiudicato con il piano LOG.IN (Logistica Integrata 2024) da un consorzio di aziende e attuatori – di cui fa parte anche Ricres – sembrano muoversi in questa direzione: chissà che non diventi l’abitudine, piuttosto che l’eccezione.
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