Che cos’è il reshoring e perché è importante anche per le piccole e medie imprese

Prima la pandemia, poi il rimbalzo della domanda, la crisi delle materie prime e quella dei prezzi dell’energia che ha accompagnato la guerra in Ucraina – oltre alle crescenti preoccupazioni per il cambiamento climatico – sembrano aver dato ultimamente uno scossone all’idea di globalizzazione, almeno come l’abbiamo vissuta negli ultimi trent’anni. 

Se fino a ieri esportare la produzione in altre zone del mondo (offshoring), soprattutto in Asia, era una soluzione vincente per abbattere i costi, adesso il timore è quello restare vittime delle interruzioni delle catene di fornitura e di essere troppo dipendenti da Paesi come la Cina. 

Per avere un’idea: nel 2020, secondo uno studio della società di consulenza globale McKinsey, ben 180 prodotti della supply chain internazionale venivano da un solo Paese (quasi sempre la Cina), che controllava almeno il 70% delle esportazioni globali. Un esempio chiarissimo di concentrazione.

Reshoring, backshoring, nearshoring

Per questo ora si parla di reshoring, cioè del ritorno di attività produttive, o di pezzi della catena di fornitura, che prima erano delocalizzate. Si può trattare di vero e proprio rimpatrio (backshoring) di certe attività nel Paese d’origine, oppure di rilocalizzazione in un’altra nazione o in più nazioni (nearshoring) della produzione che prima era stata spostata in una certa zona. Un Paese che beneficia oggi del reshoring dalla Cina, per esempio, è l’India.

Questo fenomeno non significa però che la globalizzazione sia finita: si tratta soprattutto di un’importante riorganizzazione dei processi industriali.  È un fenomeno in crescita, che in Europa riguarda soprattutto la manifattura hi-tech. L’Italia è tra i primi Paesi per numero di casi. E questa strategia ha anche l’appoggio dell’opinione pubblica. Il 46% degli intervistati in un sondaggio LegaCoop Ipsos di fine 2021 – qualche mese prima della guerra in Ucraina – sosteneva la necessità di incentivare le imprese che hanno delocalizzato all’estero a tornare a produrre in Italia, anche per favorire l’occupazione locale. Nel frattempo, sta diventando crescente la tendenza alla sostenibilità e alle filiere locali, al “chilometro zero” e all’importanza del “Made in” come sinonimo di qualità. E sul fronte dell’energia, c’è stato un boom delle rinnovabili per ridurre la dipendenza da Paesi esportatori di petrolio e gas, come appunto la Russia. In questi casi, ovviamente, oltre all’economia entra in campo la politica.

Rilocalizzare e differenziare: uno studio italiano

I risultati di un’indagine condotta nella Penisola nel 2022 dal gruppo di lavoro Re4it e dal Centro Studi Confindustria tra circa 700 aziende che hanno acquistato parzialmente o totalmente forniture all’estero, dicono che il 16,5% ha realizzato (in percentuale variabile) il backshoring in Italia delle proprie forniture negli ultimi cinque anni, il 12% si appresta a farlo mentre il 14% farà nearshoring.

Le piccole e medie aziende italiane operano molto spesso nel settore manifatturiero, quindi risentono di più dell’aumento dei costi dell’energia, delle materie prime e dei trasporti. Quindi hanno bisogno di fornitori affidabili, e per questo potrebbero rapidamente optare per il reshoring e intercettare una tendenza in crescita. Secondo Alberto Forchielli, un noto imprenditore e opinionista che si occupa spesso di Cina, l’aumento dei salari in questo e altri Paesi asiatici potrebbe significare il ritorno in Europa e in Italia (in particolare nel Sud) di interi settori, come il tessile. Secondo altri esperti, la questione riguarda anche la produzione di componenti elettronici e lo sviluppo dell’economia circolare, su cui l’Unione Europea sta puntando molto: per esempio nel riciclo delle batterie, nel riutilizzo delle terre rare e altri componenti.

La scelta del reshoring però deve anche fare affidamento su specialisti del settore, capaci di valutare con competenza le difficoltà di produzione all’estero e le opportunità per rilocalizzare. E le PMI, dovranno poi attrezzarsi per reperire sul mercato dei capitali nuove risorse, diversificando le fonti di finanziamento e rafforzando la propria struttura patrimoniale.